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La Rappresentante di Lista: “My Mamma” (Woodworm, 2021)

Come può uno scoglio arginare il mare? Come può un disco sconvolgere una giornata, immobilizzando pensieri, opere, parole, emozioni, occupando ogni luogo di parola? Vorrei chiederlo, e forse un giorno avrò il privilegio di farlo, a La Rappresentante di Lista, vorrei comprendere la follia di una linea di piano intima, sensuale, viscerale che fa l’amore con una sezione ritmica muscolare, possente, a tratti incontenibile, vorrei soprattuto trovare il modo di fare un fascio di tutti gli stimoli, le eversioni, i rilanci disseminati in My Mamma, lanciarli nel mar Tirreno, una lingua che corre da Palermo alla Toscana, e gettarmi in acqua per farne emergere un idra santo e liberatore.

My Mamma è un concept album, mi ha ricordato The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie e la messa requiem in re minore K 626 di Mozart, descrive una folle malinconia che esplode in fiele e vive del tracimare di emozioni che emergono dalla parola al suono, un’opera stratificata, eppure molto accessibile, musicalmente densa, con dei refrain efficacissimi, che la rendono performante ed orizzontale. Alieno e V.G.G.G. (Very Good Glenn Gould) sembrano essere i punti di massimi di oscillazione del suono del disco, il tutto con in mezzo un monte di parole che si attaccano alle orecchie, My Mamma è un luogo di resistenza, di riscatto, che riverbera la promessa della bellezza, che parla di corpo, di amore, che scopre una natura nuda e per questo costruita dentro risposte aperte, aporia del cuore. My Mamma è il compimento della tragedia del nostro tempo e per questo è un disco di rinascita.

Il Preludio accompagna, mano nella mano, verso la dimensione sacrale, che è la voce di Veronica Lucchesi, un tempio che in Religiosamente intona un’elegia, con un tappeto sonoro che è un divano ad Istanbul. Il debutto del disco sembra raccontare del legame, del retaggio, della concatenazione, della genealogia, delle emozioni, che fanno da contraltare alla violenza, al violare, al profano, una dimensione che descrive ciò che è sacro, intimo. Mi ha fatto ripensare ad un’installazione di Doris Salcedo, centinaia di sedie tra due palazzine di Istanbul. La voce di Veronica Lucchesi racconta di mani fredde che cercano il calore di altre mani, di una notte distesa nella luce fragile di una lampadina. Lavinia mette un punto e il sole risorge, così Oh Ma Oh Pa si affaccia sulla libertà che riesce a dare solo il perdono, la riconciliazione, il ritrovarsi: perdonare rende liberi, asciuga il dolore, rilancia la libertà in direzione di una felicità non più sofferta, strappata, ma integrata, strutturata, in una relazione umana piena.

Alieno è il momento di svolta del disco, come lo è Moonage Daydream in The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, apre ad una dimensione sonora trasversale, è una tavola imbandita dove convivono rock, pop, elettronica, conferisce al disco spessore, rotondità, che Invasione esplicita con quello spirito matto ed orchestrale che, sin da Bu Bu Sad, fa parte della poetica sonora de La Rappresentante di Lista. Fragile porta nel disco la voce di Dario Mangiaracina, è un pezzo che ricorda la bella stagione dei Wilco, dei Notwist, degli Interpol, l’era dell’indietronica che guardava al folk. Sarà rivela, ribadisce, ricorda, che questo disco ha degli ambienti sonori liquidi, ritmicamente rotondi, l’incedere della voce di Veronica Lucchesi si fa via via sempre più rapito, fa i conti col torpore che annichilisce la volontà e uccide l’amore, sembra parlare da Lo Zoo di Venere di Greenaway, la voce diventa una mitopoiesi concreta e fantastica, racconta del rumore dell’anima.

Amare è quel saliscendi emotivo cui ha dato corpo la performance vibrante del gruppo al Festival di Sanremo: lo sguardo, le facce, distese eppure concentrate, scanzonate, liberate, del gruppo, in un’esecuzione di una teatralità viva, seminale. Amare mette in scena il racconto di una rinascita, la descrizione della salvezza del bello, dove si può trovare la paura, la vita, l’universo, è il luogo dove abitano emotivamente le persone, è un pezzo che parla dell’infinita estensione dell’amore, tutta racchiusa nella gente che incontriamo correndo verso un bacio, una carezza, un desiderio. V.G.G.G. (Very Good Glenn Gould) è un manifesto di stile e di suono, insieme ad Alieno, l’altra oscillazione matta del disco, l’altra faccia della luna di My Mamma, un divertissement puntuale, Comizi d’Amore in musica, sfrontati e immediati. Paesaggi Stranieri torna ad accarezzare una dimensione emotiva che è elegia del rumore del cuore, rumore dell’universo, sembra di trovare Granada e recuperare la fame, la voglia, di un bacio. Resistere denuncia come ballare sia un atto di resistenza rispetto all’incalzare di un mondo violento, prosaico, che silenzia e calpesta la bellezza, è il deflagrare di un sogno nella realtà, è la morte della bellezza che ci salverà, il suo sacrificio ci renderà partecipi e complici del suo movimento. Resistere sembra capace di offrire una vulnerabilità tutta umana e con questo gesto di mostrare una forza che si costruisce nel perdono, nella bellezza, nell’amore. Mai Mamma ricompone ogni frattura aprendo uno squarcio, ricorda che niente è perduto, anche se il sole esploso, consumato, esausto, e chiude il disco con una matana che è nuova vita, nuova luce, che si misura in quanti sconosciuti.

My Mamma è un disco che coniuga la morte della bellezza alla salvezza del bello e lo fa in forme che sono accessibili ed eleganti, mettendo insieme la potenza lunare di un suono di diretto e fortissimo, al velluto di parole e voci che sono una costellazione di luce.

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